Suro, il kelpiano di Star Trek Discovery

Poveri sceneggiatori americani, che non ascoltano le lezioni del professor Alessandro Barbero sul medioevo. A dire il vero, ci sono tanti altri studiosi, anche in lingua inglese, a cui potrebbero attingere, ma tant’è. I pregiudizi sul medioevo attraversano le latitudini e i secoli e, a quanto pare, anche le rotte interstellari: nel quinto episodio della terza serie di Star Trek Discovery (Paramount), ascolto con stupore un comandante della flotta stellare, Saru della specie Kelpiana, che esordisce così in un discorso “motivazionale”: “Lei conosce Giotto, il pittore rinascimentale?”. Rinascimentale? Ma se muore nel 1337! Vabbè, con tutta la storia che devono studiarsi nell’anno 3000, più i manuali tecnici delle astronavi e le scoperte scientifiche…

Il discorso prosegue:«L’epoca precedente, il medioevo, era considerata un’epoca buia e oscura, piena di guerre e pestilenze». Guerre e pestilenze che sono, evidentemente, sparite nel rinascimento. E quel Manzoni che ne descrive una nel 600? Il solito cattolico ignorante. 

«Giotto inventò la prospettiva a tre punti, vide l’interezza e l’uomo alzò la testa per la prima volta…». E così iniziò il Rinascimento, con un secolo d’anticipo sulle, peraltro artificiose, suddivisioni della storia ufficiale. A Giotto, è vero, si attribuisce la prima intuizione di prospettiva, che cambiò l’arte a venire. Quando visitai una grotta preistorica nella Dordogna (Francia), la guida ci spiegò che già lì si osservava una primigenia prospettiva («Dommage pour les sitaliens» aggiunse, peccato per gli italiani), ma non sottilizziamo.

Permane questa idea di un medioevo brutale, rozzo e oscurantista, contrapposto a un rinascimento luminoso. E se si trova un medievale in anticipo sul progresso non rimane che spostare all’indietro le lancette del progresso.

Troppo si potrebbe dire di questa antistorica semplificazione, ma nel contesto di Star Trek mi viene in mente una sola considerazione. In questa fortunatissima e divertente serie tv/cinematografica, è spesso ribadito che il punto di svolta evolutivo delle civiltà, oltre il quale diventa lecito contattarle, è la “velocità curvatura”. Una conquista tecnologica che consente di esplorare lo spazio sconfinato con le stesse possibilità di Magellano (anzi di più) di esplorare la Terra. Non stupisce, quindi, che la scoperta tecnica della prospettiva sia considerata, in quella serie, l’alba delle scoperte tecniche future e quindi del salto di civiltà.

Nell’arte, la prospettiva è stata successivamente manipolata, abbandonata, schiacciata e riscoperta. Perché l’arte, paradossalmente, insegue l’invisibile (non ritrae il visibile ma rende visibile, diceva Paul Klee). E forse è proprio in questo inseguimento di ciò che è nascosto agli occhi (ma spesso anche al cuore) che andrebbe cercata la chiave di una vera evoluzione delle civiltà.
Preferisco Star Wars, che al relativismo culturale della galassia contrappone la mistica universale della Forza. La capacità tecnologica costruisce la Morte Nera (Death Star), la Forza dona una una nuova vista: «Non fidarti degli occhi, a volte ingannano».

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